I due volti dello Studio Ghibli - Isao Takahata e Hayao Miyazaki
Isao Takahata e Hayao Miyazaki sono i due collaboratori e artisti migliori che lo Studio Ghibli (e, in generale, il mondo dell’animazione) abbiano mai prodotto. Il timido Takahata, a differenza del più estroverso Myiazaki, non ammetterà mai apertamente il suo talento, nè tantomeno il contributo che il suo lavoro ha fornito all’arte del nostro tempo. La sua opera è stata una delle più influenti e ha raggiunto il culmine con il film “The Tale of the Princess Kaguya” (in italiano “La storia della principessa splendente”), per il quale è stato nominato all’Oscar.
Per parte sua Myiazaki, con il suo stile quasi bohémien un po’ strafottente, un po’ presuntuoso (a ragione, non credete?) ma sempre profondamente giapponese, rappresenta l’antitesi del buon Takahata, il suo equivalente al contrario. Stesso talento, stessa sensibilità artistica, atteggiamento opposto.
La differenza fra i due viene raccontata in maniera estesa e sorprendentemente accurata nel docu-film del 2013, “The Kingdom of Dreams and Madness” (“Il regno dei sogni e della follia”), un delicato viaggio nel magico mondo dello Studio Ghibli e nella fantasia di due dei più grandi artisti dell’era contemporanea. Esso ci trasporta nel loro universo analizzando in maniera accurata l’opinione che ognuno ha dell’altro: Takahata ritiene “Miya-san” un “superficiale”, energetico, estroso e un po’ cinico. Miyazaki si diverte a punzecchiare Takahata sulla sua, ormai proverbiale, lentezza nella creazione di un film, nonché e sul suo eccessivo zelo. Al momento delle riprese di “Il regno dei sogni e della follia” i due stanno ultimando le opere conclusive della loro carriera (“La storia della principessa splendente” e “Si alza il vento”). Miyazaki ironizza spesso sul fatto che Takahata non riuscirà mai a finire il suo film. Viene raccontato da artisti e collaboratori come spesso sia accaduto che i due si siano inalberati in discussioni accese e infinite e come ognuno abbia tentato di sopraffare l’altro con le loro opinioni: la conclusione il più delle volte è stata che entrambi sono usciti dalla “battaglia” esausti e insoddisfatti perché incapaci di avere ragione l’uno dell’altro.
Dal punto di vista formale, i due artisti si differenziano per molti aspetti: il tratto grafico di Miyazaki è sempre netto, limpido, i colori delle sue illustrazioni vivaci e realistici. Lo stile di Takahata è, al contrario, quasi impressionista nella sua semplicità. In alcuni casi, come ad esempio per il suo ultimo lavoro, le sequenze si susseguono fluide come se fossero bozzetti in movimento: i personaggi sono delineati in maniera più marcata, mentre lo sfondo è in continua mutazione, come se il disegno stesso si ribellasse a farsi trasformare in realtà, ma anzi si ostinasse a restare incompleto, fluido appunto. Anche le storie raccontate dai due sono molto diverse: Miyazaki è ispirato, glorioso, funambolico - Takahata riflessivo, melanconico, quasi spirituale. Due facce della stessa medaglia? Probabilmente, ma sarebbe riduttivo considerarli sono i due volti dello Studio Ghibli. Il loro talento e la loro magia resisterà nel tempo e questo accade solo quando l’arte è vera, pura, inimitabile.
Opposti? Forse. Unici? Sicuramente.
Valentina Fatichenti
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